Complesso archeologico Teatro antico e Odeon di Catania (luogo ad uso pubblico, teatro, odeon) - Catania (CT) (PERIODIZZAZIONI/ ARCHI DI PERIODI)
https://w3id.org/arco/resource/ArchaeologicalProperty/1900382811 an entity of type: ArchaeologicalProperty
luogo ad uso pubblico, teatro, odeon, sito localizzato e circoscritto, Complesso archeologico Teatro antico e Odeon di Catania, Teatro antico e Odeon
Complesso archeologico Teatro antico e Odeon di Catania (luogo ad uso pubblico, teatro, odeon) - Catania (CT) (PERIODIZZAZIONI/ ARCHI DI PERIODI)
Complesso archeologico Teatro antico e Odeon di Catania (luogo ad uso pubblico, teatro, odeon) - Catania (CT) (PERIODIZZAZIONI/ ARCHI DI PERIODI)
ca 5520 a.C-ante 500 d.C
Il Complesso archeologico del Teatro antico e Odeon di Catania occupa un’area di circa 6.400 mq., che si sviluppa sul pendio meridionale della collina di Montevergine ed è delimitata dalla via Teatro greco a nord, da piazza S. Francesco d’Assisi ad est, via S. Agostino ad ovest e via Vittorio Emanuele II a sud, con ingresso principale da quest’ultima. Il Complesso si identifica come un sito archeologico pluristratificato, per la presenza di rilevanti testimonianze che vanno dai primi insediamenti preistorici alle fasi urbane greca (Katane) e romana (Catina) della città di Catania. Inoltre, lungo i margini dell’isolato su cui esso sorge, sono presenti edificazioni, in parte costruite sui resti archeologici, che si sono stratificate nei secoli e che oggi risultano integrate nel Complesso con nuove destinazioni d’uso (Antiquarium di Casa Pandolfo, Casa dell’Androne, Casa del Terremoto, Antiquarium di Casa Liberti). L’area della collina su cui sorge il sito era interessata in antico da un avvallamento, delimitato dai lembi di un costone lavico affacciato su di una vallata in cui si trovava uno specchio d’acqua prossimo al mare, identificabile, secondo la tradizione popolare, con il fiume Amenano; dalle vene sotterranee di quest’ultimo ancora oggi trarrebbe origine la polla d’acqua che costantemente allaga l’orchestra del Teatro. Nella parte nord dell’area archeologica sono state rinvenute tracce di insediamenti umani del Neolitico medio e tardo, costituite da frammenti di vasi, alcuni con decori incisi; una fase successiva, attribuita agli inizi dell’Eneolitico in base alla datazione al radio carbonio, ha restituito resti di capanne di un villaggio (piccoli tratti di muri e parti di rivestimenti in argilla bruciata) e di animali da allevamento, oltre che reperti in ceramica con decori incisi o dipinti e strumenti in pietra e in osso. TEATRO ANTICO: Il Teatro, per il quale è stata ipotizzata una capienza originaria di circa 7.000 spettatori, occupa la parte centrale dell’area archeologica con la cavea costituita da nove cunei, delimitati da otto scalette radiali, e suddivisa orizzontalmente in tre settori da due corridoi (praecinctiones). L’ima cavea, delimitata in basso da un unico gradone in pietra lavica e dal canale di scolo delle acque (euripo) è direttamente poggiata sul pendio naturale, mentre la media e summa cavea sono sostenute da muri radiali attraversati da tre ambulacri; questi ultimi sono collegati tra loro da scale e muniti di vomitoria di accesso ai settori delle gradinate. La cavea conserva solo alcuni dei gradini originari, ed è occupata alle due estremità laterali da edificazioni successive, che ne interrompono la continuità. La parte alta del Teatro si erge sulla via Teatro greco con il monumentale prospetto, in parte conservato, in origine scandito da aperture ed esedre con statue e dotato di scale di accesso alla parte sommitale. Il terzo ambulacro manca dell’ultima porzione orientale, crollata probabilmente a causa del terremoto del 1693; ad esso, inoltre, si addossava un elegante loggiato sostenuto da colonne (porticus in summa gradatione), oggi non più esistente. Si conserva in parte, soprattutto sul lato est, il complesso sistema di strutture e corridoi di collegamento tra la cavea, l’edificio scenico e l’orchestra. La parodos orientale comunica con il grande atrio est di accesso al Teatro, nel quale si conservano le aperture (versurae) da cui accedeva il pubblico. In questa parte del sito archeologico, rivolta verso piazza S. Francesco d’Assisi, sono state messe in luce parti del prospetto est ed una scala di accesso ai livelli superiori del Teatro. Dell’imponente edificio scenico, la cui metà occidentale è occupata da un palazzo ottocentesco, sono state rinvenute parti della scena e delle porte da cui gli attori accedevano al palcoscenico: una piccola porzione della porta regia, posta al centro, e la porta hospitalis orientale. La monumentale fronte scena (scaenae frons), crollata, si presentava a più ordini colonnati ed era decorata da ricchi rivestimenti marmorei, dei quali sono stati rinvenuti capitelli corinzi, colonne e frammenti di architravi con eleganti modanature. Negli strati di crollo, in varie parti, sono stati rinvenuti anche frammenti di statue, come la testa in marmo esposta nell’Antiquarium di Casa Pandolfo, forse un ritratto ufficiale di Marco Aurelio. Nell’area del palcoscenico (pulpitum) è visibile la fronte, pertinente ad una fase di rifacimento, con piccole esedre e scalette e con rivestimenti in marmi di riutilizzo, conclusa da una ricca cornice a motivi vegetali. Davanti al pulpitum è stato rinvenuto il gruppo marmoreo frammentario di Leda col cigno, copia romana dell’originale di Timotheos, anch’essa esposta nell’Antiquarium del Teatro antico. Nel cavo del palcoscenico è visibile una struttura molto interessante in blocchi di calcare isodomi, identificata dagli studiosi come parte del logheion di età greca, l’originario palcoscenico su cui si sovrappose la fondazione della scena di età romana. Nel settore centrale dell’ima cavea è presente una cisterna, collegata ad un articolato sistema di adduzione dell’acqua proveniente dalle zone alte della città e utilizzata nel periodo tardoantico per realizzare giochi acquatici nell’orchestra. Al limite inferiore della cavea, alcuni gradoni e parte dell’euripo si presentano obliterati da un podio rivestito da lastre di prezioso marmo cipollino, che probabilmente in origine ornavano la fronte della scena. L’orchestra conserva gran parte del pavimento marmoreo policromo, in opus sectile; il disegno originario con grandi cerchi inscritti entro quadrati è alterato da integrazioni di lastre di marmo bianco, in parte di reimpiego, segni di un rifacimento operato già in antico. Nella parte est dell’orchestra è presente un pozzo, realizzato in età moderna ad uso delle abitazioni costruite sui resti del monumento romano. La parte ovest è occupata tuttora da un tratto residuo della via Grotte, che già in età medievale risaliva il salto di quota dell’isolato, collegando i vari cortili delle case del quartiere omonimo costruite ad anfiteatro sulle rovine del monumento. Alcune delle edificazioni successive, ancora presenti in varie zone del Complesso, rappresentano la peculiare stratificazione del sito: la Casa del Terremoto, un’abitazione del XVII secolo edificata all’estremità orientale del terzo ambulacro, in cui sono stati trovati reperti e testimonianze risalenti al terremoto del 1693; la Casa dell’Androne, su via Teatro greco, nelle cui fondamenta è stato rintracciato un muro di età arcaica - forse appartenente alla cinta muraria della città greca - e oggi sede di spazi polifunzionali; alcuni palazzetti lungo il prospetto est del Teatro. Sul fronte sud, su via Vittorio Emanuele II, l’atrio di ingresso al Complesso archeologico è ubicato entro un ex fondaco ed introduce all’Antiquarium dell’ex Casa Pandolfo; qui sono esposti alcuni tra i marmi più significativi rinvenuti nel sito, provenienti dalla decorazione dell’edificio scenico del Teatro romano, oltre ad alcuni elementi architettonici databili al XVIII secolo, appartenenti alle abitazioni sorte sul monumento. All’interno dell’Antiquarium sono visibili anche i resti di una casa cinquecentesca, sulla quale venne edificato nel Settecento il palazzetto Pandolfo. Un interessante excursus cronologico dei reperti rinvenuti durante le numerose campagne di scavo, dalla preistoria all’età moderna, costituisce l’esposizione dell’Antiquarium di Casa Liberti, nella parte nord del Complesso su via Teatro greco. L’allestimento museale è ricavato al piano nobile del palazzetto appartenuto alla famiglia Liberti; al piano terra di quest’ultimo si trova la Sala dell’Esedra, spazio polifunzionale in cui è stata messa in luce una parte del prospetto nord del teatro romano. ODEON: Nella parte ovest del sito archeologico, delimitata da via Sant’Agostino e da via Teatro greco a nord, è situato l’Odeon, posto all’incirca alla quota del terzo ambulacro del Teatro romano e ad esso collegato tramite una grande scala posta tra i due monumenti. L’Odeon, di dimensioni minori, presenta lo stesso orientamento del Teatro, con la cavea rivolta a sud-est. Quest’ultima, in cattive condizioni di conservazione, presenta un primo ordine di gradini che si diparte direttamente dall’orchestra, concluso da una stretta praecinctio; da questa si sviluppano le altre gradinate, divise in cunei. La cavea, in gran parte mancante dei rivestimenti, è poggiata su 18 setti murari disposti a raggiera, che delimitano vani a pianta trapezoidale, coperti da volte tronco-coniche rampanti e aperti ciascuno verso l’esterno da un’arcata. Il prospetto esterno, impreziosito dalla bicromia dei materiali in pietra lavica e laterizio, è articolato dalla successione delle arcate, poggianti su ritti collegati da un architrave retto in blocchi squadrati di pietra lavica. Questo caratteristico elemento architettonico corre orizzontalmente lungo tutto il prospetto al di sotto dell’imposta degli archi, con la probabile funzione originaria di alloggiare la parte superiore di porte o cancelli di chiusura. Il coronamento del prospetto, in grossi monoliti di pietra lavica, è quasi del tutto mancante. L’orchestra, in marmi policromi, presenta danneggiamenti dovuti soprattutto alle edificazioni successive, in particolare del palazzo Sigona, che ingloba tuttora l’area della scena
Complesso archeologico Teatro antico e Odeon di Catania (luogo ad uso pubblico teatro, odeon)
00382811
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L’intera area del Complesso archeologico del Teatro antico e Odeon di Catania costituisce un palinsesto dei diversi insediamenti, dalla preistoria agli antichi abitati urbani di Katane in età greca e Catina nel periodo romano, stratificatisi nel corso del tempo sulle pendici della collina di Montevergine, su cui insiste la parte più antica della città di Catania. Tali contesti sono tuttora oggetto di approfonditi studi, e in relazione ad essi si pongono le ricerche che riguardano in particolare i due principali edifici del sito archeologico, Teatro e Odeon, sia singolarmente che nelle loro reciproche relazioni. Al di fuori del perimetro del Teatro, il ritrovamento di un muro in opera poligonale di età greca nella parte nord-est dell’area archeologica (Casa dell’Androne) databile tra la seconda metà del VII a.C. e il primo quarto del VI a.C. per spessore e tecnica costruttiva, ha fatto supporre la presenza in questo sito di parte della cinta muraria arcaica dell’acropoli della colonia calcidese di Katane fondata in quest’area tra il 729 e il 728 a.C. (Branciforti 2010); esso è infatti collegabile a tratti murari simili già individuati in altre zone della collina di Montevergine. Nel corso di successivi scavi, sempre a monte del Teatro, è stata individuata un’altra struttura della stessa tipologia, costituita da un lungo muro di età arcaica in opera poligonale, che delimita un’ampia parte dell’area su cui sorge il terzo ambulacro del Teatro (Taormina 2015). All’interno dell’area del Complesso archeologico, alcuni particolari ritrovamenti indicano che il Teatro - o parte di esso - venne edificato su un’area sacra, forse all’interno del tèmenos del Santuario di Demetra ubicato dagli studiosi nella vicina piazza S. Francesco. Fra questi, alcuni resti di strutture e reperti attribuibili all’età ellenistica (secondo cuneo della media cavea), forse pertinenti a rituali sacri, ed altri reperti rinvenuti (atrio orientale), confrontabili con la coroplastica della stipe votiva del Santuario (Branciforti 2010). TEATRO DI ETA' GRECA: Numerosi studi e ritrovamenti sostengono l’ipotesi dell’esistenza di un teatro greco al di sotto dell’attuale teatro romano. Fra questi, una struttura muraria in opera isodoma in blocchi di calcare con incise le lettere KAT, abbreviazione di KATANE, individuata alla base della parete meridionale della pàrodos occidentale del Teatro da C. Sciuto Patti e A. Salinas (Salinas 1884); successivamente, il ritrovamento nel 1919 di un poderoso muro in opera isodoma con le lettere KAT incise e sovrapposte ubicato nel lato ovest del Teatro (al di sotto del II e III ambulacro) e citato da Libertini (Libertini 1929), riferito dallo studioso ad un muro di contenimento, ad un teatro, o ad un altro grande edificio pubblico (ecclesiastèrion o telestèrion). Inoltre, a metà del XX secolo, Anti ipotizza che il muro indicato da Libertini e quello della stessa tipologia scoperto nel 1884 appartengano ad un teatro di forma quadrangolare di V sec. a.C., forse una soluzione adottata dai Greci prima di giungere alla tipologia canonica della struttura teatrale (Anti 1947). Nel corso di scavi più sistematici e mirati, tra il 2005 e il 2006 Branciforti ritrova altre due strutture dello stesso tipo: un muro nell’atrio orientale, parallelo a quello individuato ad ovest nel 1919, ed un’altra struttura nella cavità del palcoscenico del teatro romano, interpretata come parte del logheion del teatro greco. Quest’ultimo ritrovamento confermerebbe, secondo la studiosa, la funzione teatrale dell’edificio greco individuato, databile con più precisione al IV sec. a. C. per la tecnica costruttiva utilizzata e per la tipologia delle lettere incise sui blocchi, riconducibile all’alfabeto di Mileto, adottato da Atene tra il 403 e il 402 a. C. e di uso comune nel IV sec. a. C. in tutto il Mediterraneo (Branciforti 2008). TEATRO DI ETA' ROMANA: Secondo gli studi più recenti, dopo la conquista romana della Sicilia, il teatro della città di Katane venne riedificato ed ampliato nello stesso sito in età imperiale, come si riscontra anche in altre strutture teatrali dell’Isola (Siracusa, Taormina), e, in particolare, in un settore della città già utilizzato con destinazione pubblica e sacra. Ciò è confermato dal sovrapporsi della maglia urbana della città romana di Catina a quella greca, riscontrata in diversi saggi effettuati nella collina di Montevergine, non lontano dal Complesso (cardo in Via dei Crociferi ad est e decumano presso il Monastero dei Benedettini ad ovest). Si ritiene, fra l’altro, che il tratto dell’attuale via Teatro greco che a monte delimita l’area archeologica corrisponda all’incirca al prolungamento di un decumano della città romana, secondo il tracciato di un’antica plateia dionigiana (Branciforti 2010). Lungo la stessa via Teatro greco, al limite dell’area archeologica, sono stati individuati anche un muro in blocchi lavici irregolari, riferibile alla prima età imperiale, costruito su una struttura più antica in pietra calcarea, e i resti di un lungo condotto che doveva fare parte del sistema idrico della città romana (Taormina 2015). Dall’insieme dei dati di scavo, dalle sequenze stratigrafiche e dall’analisi delle strutture e dei reperti (ceramiche, monete, marmi, etc.) rinvenuti, risulta che il teatro romano venne edificato in più fasi. La prima sistemazione, attribuita all’età augustea, era limitata probabilmente all’ima cavea - poggiata sul koilon greco ricavato sul pendio naturale - e alla media cavea su muri semicircolari paralleli, che delimitavano il I ed il II ambulacro, attraversati da scale radiali di collegamento. La cavea era in questa fase contenuta dagli analemmata laterali e i tribunalia avevano la fronte arretrata rispetto ai cunei della cavea; il palcoscenico, realizzato sul logheion greco, era di dimensioni contenute e la fronte scena, delimitata da un unico gradino in pietra lavica, si articolava in tre porte a pianta quadrangolare. La decorazione marmorea originaria dell’orchestra, che oggi possiamo ancora ammirare, era in opus sectile a schema reticolare con grandi cerchi, particolare che ne ha suggerito l’attribuzione alla prima metà del I sec. d. C., per analogia con altre pavimentazioni dello stesso tipo in uso in edifici pubblici, sotto Augusto con valore di propaganda politica (Branciforti 2010). In una seconda fase di ampliamento (II secolo d.C. ca.), il teatro romano raggiunse il suo assetto definitivo, con l’ampliamento della cavea, l’edificazione del terzo ambulacro e la realizzazione di un edificio scenico più alto probabilmente connesso a torri scalari laterali (Branciforti 2010). I numerosi elementi architettonici in marmo rinvenuti nel sito indicano l’esistenza di una monumentale fronte scena, a più ordini con colonnati marmorei e ornata di statue collocate dentro esedre; dai frammenti superstiti si evince che il repertorio iconografico decorativo si ispirava ad eventi celebrativi della vita pubblica e al mondo mitologico (Branciforti-Pagnano 2008). Gli studiosi hanno riconosciuto una seconda fase anche nelle strutture della porta hospitalis, con la creazione di una parete di fondo curva con due stretti corridoi radiali di comunicazione con il retroscena (Branciforti-Pagnano 2008). Nella sua configurazione definitiva, il Teatro venne dotato di un nuovo prospetto esterno, sia a monte che sui fianchi, oggi in parte visibile, e di un loggiato colonnato adiacente al III ambulacro rivolto verso la cavea (porticus in summa gradatione), di cui restano poche tracce (Branciforti 2010). In una fase ancora successiva (III sec. d. C.) vengono effettuati rifacimenti in alcuni settori, come l’avanzamento della fronte meridionale dei tribunalia. Gli ultimi interventi (IV-V sec. d. C.) riguardano il restauro dell’orchestra, come indicherebbero alcune iscrizioni rinvenute durante gli scavi, ed il rifacimento della fronte del palcoscenico (frons pulpiti) che viene articolata con piccole esedre e scalette di collegamento. Inoltre, viene addossato ai gradoni del secondo cuneo dell’ima cavea un podio rivestito da lastre di marmo cipollino provenienti probabilmente dal crollo della scena (Branciforti 2008). Tra la fine del V e per tutto il VI sec. a. C., i dati di scavo testimoniano gli usi impropri del monumento, in particolare dell’orchestra, su cui viene costruita una nuova struttura, probabilmente un macello, utilizzando i materiali a disposizione (Branciforti 2010). Nel VII sec. d. C. è documentata una fase di abbandono del Teatro, dai reperti rinvenuti nello strato di crollo che colmava la parte bassa del monumento (Branciforti 2008). La frequentazione del sito in epoca medievale è documentata quasi ininterrottamente da una consistente quantità di reperti recuperati in contesti stratigrafici che vanno da una fase più antica (VIII-X sec. d.C.) fino al XVI secolo. In particolare, è attribuibile a quest'ultimo periodo il ritrovamento di materiale ceramico e di resti di strutture murarie coeve, come quelle appartenenti ad una abitazione, le cui vestigia sono ancora visibili all'interno dell'Antiquarium di Casa Pandolfo. L'edificazione di abitazioni sulle strutture del Teatro, cominciata in epoca medievale, non si arresta nei secoli successivi fino ad occultare una parte consistente dell'originario monumento. ODEON L'Odeon è collocato in contiguità con il fianco occidentale del Teatro, all’altezza del terzo ambulacro, al quale è collegato tramite un percorso monumentale. Gli studiosi hanno attribuito nel tempo all'edificio varie funzioni, quali luogo ad uso pubblico destinato alle assemblee ovvero edificio per spettacoli, gare musicali e audizioni. La sua capienza originaria era di circa 1500 spettatori e, in base al confronto con edifici di tipologia simile (teatrum tectum) si presuppone che la struttura fosse dotata di una copertura. Riguardo alla datazione, nel corso degli scavi più recenti sono state rinvenute, analogamente a quanto indagato nella parte nord del Teatro, le tracce delle casseforme in legno per la gittata del calcestruzzo per realizzare il basamento; queste tecniche sono ascrivibili, secondo alcuni studi, al periodo di ampliamento del Teatro, nel II sec. d. C., quando venne realizzato il terzo ambulacro. A questo proposito, gli studiosi sono orientati a considerare il Teatro e l'Odeon appartenenti ad un unico complesso funzionale di edifici pubblici per lo spettacolo, costituitosi in diverse fasi. Nell'ambito di questa ipotesi la scalinata posta fra i due monumenti viene riconosciuta come originario percorso di collegamento connesso all'impianto viario urbano, il cui tracciato potrebbe coincidere con uno dei cardines della città romana (Branciforti 2010)
Il Complesso archeologico del Teatro antico e Odeon di Catania sorge nel pendio meridionale della collina di Montevergine, sede dell’acropoli della colonia calcidese di Katane, fondata nel 729-728 a.C. (Tucidide, VI, 3). Nel sito del Teatro antico sono stati rinvenuti diversi tratti attribuiti alla cinta muraria dell’abitato arcaico ed altri resti di strutture e reperti, nella parte orientale, legati alla presenza di un’area sacra (Branciforti 2008). Gli studiosi collocano l’edificazione del teatro di Katane sotto Dionigi I (dal 403 a.C.) quando la città, dopo le conquiste siracusane, viene dotata di edifici pubblici e di un nuovo impianto viario per strigas. Le fonti letterarie (Tuc. I, VI; Frontino, Stratag., II, 2, 6) accennano all’esistenza di un teatro in cui i catanesi riuniti avrebbero ascoltato l’arringa di Alcibiade che li induceva ad allearsi con Atene nel 415 a.C.. Gli scavi archeologici confermano la presenza di strutture murarie riferibili ad un teatro greco, nel sito del teatro romano oggi visibile, attribuibile al V-IV sec. d.C. (Sciuto Patti e Salinas 1884, Libertini 1929, Anti 1947, Branciforti 2008). Dopo la conquista romana della Sicilia (263 a.C.) e la deduzione della colonia augustea di Catina (21 a.C.), nel periodo imperiale vengono realizzate nuove arterie stradali sugli esistenti tracciati greci e costruiti grandi edifici pubblici. Il teatro romano, edificato in più fasi costruttive, viene costruito nel I sec. d.C. e ampliato e monumentalizzato nel II sec. d.C. (Branciforti 2010). A questa fase appartiene probabilmente anche la costruzione dell’Odeon ad ovest del Teatro, con funzioni complementari, quali spettacoli e gare canore; l’edificio minore si inserisce alla quota del terzo ambulacro del Teatro, a cui è collegato mediante un percorso parallelo ai cardines della città. Tra il IV e V sec. d.C. il Teatro svolge ancora la sua funzione con naumachie e altri spettacoli, come attestano la presenza di una cisterna e alcune epigrafi, e vengono realizzati il restauro dell’orchestra e della fronte del palcoscenico ed un nuovo podio (Branciforti 2008). In seguito, il Teatro e l’Odeon cadono nel degrado e vengono privati dei materiali costitutivi e dei preziosi rivestimenti, fino all’abbandono, documentato nel VII secolo dai reperti individuati negli strati di crollo all’interno del Teatro e dai resti di strutture legate ad altri usi. I rinvenimenti di ceramiche di prevalente uso domestico (VIII-X sec.) attestano che nel sito sono presenti abitazioni già nel periodo altomedievale. Altri reperti, rinvenuti in varie zone del sito, dimostrano la continuità dell’utilizzo abitativo di esso ancora per parecchi secoli. Nel XVI sec., come risulta dalle fonti (Bolano 1592) e dalle rappresentazioni cartografiche della città (Anonimo, comm. Rocca, 1584), il Teatro è già quasi del tutto ricoperto da case, disposte secondo l’emiciclo della cavea; così pure l’Odeon viene invaso da abitazioni, stalle e botteghe. Dopo il terremoto del 1693, nel corso della ricostruzione della città, parti del Teatro e dell’Odeon vengono inglobate da palazzi di carattere rappresentativo, sorti lungo i tracciati viari perimetrali dell’isolato. Nell’ambito della cultura antiquaria e della tutela archeologica del Settecento, il principe di Biscari, anche in qualità di Regio Custode, dà impulso a importanti scavi archeologici; tra l’altro, nell’area ad est del Teatro occupata dai Palazzi Gravina e Valsavoja, egli rinviene il prospetto esterno ed una scala, a protezione dei quali fa costruire un alto muro. Alla fine del secolo vengono liberati parte della cavea e del primo ambulacro del Teatro e rinvenuti molti elementi decorativi; vengono anche compiuti restauri all’Odeon. Nel corso dell’Ottocento prosegue l’attività di tutela e liberazione dei due monumenti, con gli interventi della Commissione alle Antichità e Belle Arti in Sicilia e gli scavi di M. Musumeci. Agli inizi del XX sec. P. Orsi, Sovrintendente alle Antichità della Sicilia orientale, intraprende l’esproprio dell’Odeon, danneggiato da tempo per la costruzione del palazzo del barone Sigona. Con l’attività di tutela di Guido Libertini e le campagne di scavo attuate dalla Soprintendenza Archeologica della Sicilia Orientale si assiste, dopo il secondo conflitto mondiale, alla quasi completa liberazione e al ripristino dei due monumenti, a cui contribuisce Italo Gismondi. Dalla fine del Novecento fino al 2015 circa, vengono attuati dalla Soprintendenza di Catania importanti interventi, in gran parte finanziati con fondi comunitari, consistenti nell’acquisizione di alcuni edifici e nei lavori di liberazione e restauro del Teatro e dell’Odeon, scavo archeologico e recupero dei reperti rinvenuti, in parte oggi esposti alla fruizione. Nel 2016 il Complesso archeologico viene ricompreso tra i siti gestiti dal Polo regionale di Catania e della Valle dell’Aci e nel 2019 viene infine inserito all’interno del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci
Il Complesso archeologico del Teatro antico e Odeon di Catania occupa un’area di circa 6.400 mq., che si sviluppa sul pendio meridionale della collina di Montevergine ed è delimitata dalla via Teatro greco a nord, da piazza S. Francesco d’Assisi ad est, via S. Agostino ad ovest e via Vittorio Emanuele II a sud, con ingresso principale da quest’ultima. Il Complesso si identifica come un sito archeologico pluristratificato, per la presenza di rilevanti testimonianze che vanno dai primi insediamenti preistorici alle fasi urbane greca (Katane) e romana (Catina) della città di Catania. Inoltre, lungo i margini dell’isolato su cui esso sorge, sono presenti edificazioni, in parte costruite sui resti archeologici, che si sono stratificate nei secoli e che oggi risultano integrate nel Complesso con nuove destinazioni d’uso (Antiquarium di Casa Pandolfo, Casa dell’Androne, Casa del Terremoto, Antiquarium di Casa Liberti). L’area della collina su cui sorge il sito era interessata in antico da un avvallamento, delimitato dai lembi di un costone lavico affacciato su di una vallata in cui si trovava uno specchio d’acqua prossimo al mare, identificabile, secondo la tradizione popolare, con il fiume Amenano; dalle vene sotterranee di quest’ultimo ancora oggi trarrebbe origine la polla d’acqua che costantemente allaga l’orchestra del Teatro. Nella parte nord dell’area archeologica sono state rinvenute tracce di insediamenti umani del Neolitico medio e tardo, costituite da frammenti di vasi, alcuni con decori incisi; una fase successiva, attribuita agli inizi dell’Eneolitico in base alla datazione al radio carbonio, ha restituito resti di capanne di un villaggio (piccoli tratti di muri e parti di rivestimenti in argilla bruciata) e di animali da allevamento, oltre che reperti in ceramica con decori incisi o dipinti e strumenti in pietra e in osso. TEATRO ANTICO: Il Teatro, per il quale è stata ipotizzata una capienza originaria di circa 7.000 spettatori, occupa la parte centrale dell’area archeologica con la cavea costituita da nove cunei, delimitati da otto scalette radiali, e suddivisa orizzontalmente in tre settori da due corridoi (praecinctiones). L’ima cavea, delimitata in basso da un unico gradone in pietra lavica e dal canale di scolo delle acque (euripo) è direttamente poggiata sul pendio naturale, mentre la media e summa cavea sono sostenute da muri radiali attraversati da tre ambulacri; questi ultimi sono collegati tra loro da scale e muniti di vomitoria di accesso ai settori delle gradinate. La cavea conserva solo alcuni dei gradini originari, ed è occupata alle due estremità laterali da edificazioni successive, che ne interrompono la continuità. La parte alta del Teatro si erge sulla via Teatro greco con il monumentale prospetto, in parte conservato, in origine scandito da aperture ed esedre con statue e dotato di scale di accesso alla parte sommitale. Il terzo ambulacro manca dell’ultima porzione orientale, crollata probabilmente a causa del terremoto del 1693; ad esso, inoltre, si addossava un elegante loggiato sostenuto da colonne (porticus in summa gradatione), oggi non più esistente. Si conserva in parte, soprattutto sul lato est, il complesso sistema di strutture e corridoi di collegamento tra la cavea, l’edificio scenico e l’orchestra. La parodos orientale comunica con il grande atrio est di accesso al Teatro, nel quale si conservano le aperture (versurae) da cui accedeva il pubblico. In questa parte del sito archeologico, rivolta verso piazza S. Francesco d’Assisi, sono state messe in luce parti del prospetto est ed una scala di accesso ai livelli superiori del Teatro. Dell’imponente edificio scenico, la cui metà occidentale è occupata da un palazzo ottocentesco, sono state rinvenute parti della scena e delle porte da cui gli attori accedevano al palcoscenico: una piccola porzione della porta regia, posta al centro, e la porta hospitalis orientale. La monumentale fronte scena (scaenae frons), crollata, si presentava a più ordini colonnati ed era decorata da ricchi rivestimenti marmorei, dei quali sono stati rinvenuti capitelli corinzi, colonne e frammenti di architravi con eleganti modanature. Negli strati di crollo, in varie parti, sono stati rinvenuti anche frammenti di statue, come la testa in marmo esposta nell’Antiquarium di Casa Pandolfo, forse un ritratto ufficiale di Marco Aurelio. Nell’area del palcoscenico (pulpitum) è visibile la fronte, pertinente ad una fase di rifacimento, con piccole esedre e scalette e con rivestimenti in marmi di riutilizzo, conclusa da una ricca cornice a motivi vegetali. Davanti al pulpitum è stato rinvenuto il gruppo marmoreo frammentario di Leda col cigno, copia romana dell’originale di Timotheos, anch’essa esposta nell’Antiquarium del Teatro antico. Nel cavo del palcoscenico è visibile una struttura molto interessante in blocchi di calcare isodomi, identificata dagli studiosi come parte del logheion di età greca, l’originario palcoscenico su cui si sovrappose la fondazione della scena di età romana. Nel settore centrale dell’ima cavea è presente una cisterna, collegata ad un articolato sistema di adduzione dell’acqua proveniente dalle zone alte della città e utilizzata nel periodo tardoantico per realizzare giochi acquatici nell’orchestra. Al limite inferiore della cavea, alcuni gradoni e parte dell’euripo si presentano obliterati da un podio rivestito da lastre di prezioso marmo cipollino, che probabilmente in origine ornavano la fronte della scena. L’orchestra conserva gran parte del pavimento marmoreo policromo, in opus sectile; il disegno originario con grandi cerchi inscritti entro quadrati è alterato da integrazioni di lastre di marmo bianco, in parte di reimpiego, segni di un rifacimento operato già in antico. Nella parte est dell’orchestra è presente un pozzo, realizzato in età moderna ad uso delle abitazioni costruite sui resti del monumento romano. La parte ovest è occupata tuttora da un tratto residuo della via Grotte, che già in età medievale risaliva il salto di quota dell’isolato, collegando i vari cortili delle case del quartiere omonimo costruite ad anfiteatro sulle rovine del monumento. Alcune delle edificazioni successive, ancora presenti in varie zone del Complesso, rappresentano la peculiare stratificazione del sito: la Casa del Terremoto, un’abitazione del XVII secolo edificata all’estremità orientale del terzo ambulacro, in cui sono stati trovati reperti e testimonianze risalenti al terremoto del 1693; la Casa dell’Androne, su via Teatro greco, nelle cui fondamenta è stato rintracciato un muro di età arcaica - forse appartenente alla cinta muraria della città greca - e oggi sede di spazi polifunzionali; alcuni palazzetti lungo il prospetto est del Teatro. Sul fronte sud, su via Vittorio Emanuele II, l’atrio di ingresso al Complesso archeologico è ubicato entro un ex fondaco ed introduce all’Antiquarium dell’ex Casa Pandolfo; qui sono esposti alcuni tra i marmi più significativi rinvenuti nel sito, provenienti dalla decorazione dell’edificio scenico del Teatro romano, oltre ad alcuni elementi architettonici databili al XVIII secolo, appartenenti alle abitazioni sorte sul monumento. All’interno dell’Antiquarium sono visibili anche i resti di una casa cinquecentesca, sulla quale venne edificato nel Settecento il palazzetto Pandolfo. Un interessante excursus cronologico dei reperti rinvenuti durante le numerose campagne di scavo, dalla preistoria all’età moderna, costituisce l’esposizione dell’Antiquarium di Casa Liberti, nella parte nord del Complesso su via Teatro greco. L’allestimento museale è ricavato al piano nobile del palazzetto appartenuto alla famiglia Liberti; al piano terra di quest’ultimo si trova la Sala dell’Esedra, spazio polifunzionale in cui è stata messa in luce una parte del prospetto nord del teatro romano. ODEON: Nella parte ovest del sito archeologico, delimitata da via Sant’Agostino e da via Teatro greco a nord, è situato l’Odeon, posto all’incirca alla quota del terzo ambulacro del Teatro romano e ad esso collegato tramite una grande scala posta tra i due monumenti. L’Odeon, di dimensioni minori, presenta lo stesso orientamento del Teatro, con la cavea rivolta a sud-est. Quest’ultima, in cattive condizioni di conservazione, presenta un primo ordine di gradini che si diparte direttamente dall’orchestra, concluso da una stretta praecinctio; da questa si sviluppano le altre gradinate, divise in cunei. La cavea, in gran parte mancante dei rivestimenti, è poggiata su 18 setti murari disposti a raggiera, che delimitano vani a pianta trapezoidale, coperti da volte tronco-coniche rampanti e aperti ciascuno verso l’esterno da un’arcata. Il prospetto esterno, impreziosito dalla bicromia dei materiali in pietra lavica e laterizio, è articolato dalla successione delle arcate, poggianti su ritti collegati da un architrave retto in blocchi squadrati di pietra lavica. Questo caratteristico elemento architettonico corre orizzontalmente lungo tutto il prospetto al di sotto dell’imposta degli archi, con la probabile funzione originaria di alloggiare la parte superiore di porte o cancelli di chiusura. Il coronamento del prospetto, in grossi monoliti di pietra lavica, è quasi del tutto mancante. L’orchestra, in marmi policromi, presenta danneggiamenti dovuti soprattutto alle edificazioni successive, in particolare del palazzo Sigona, che ingloba tuttora l’area della scena
Complesso archeologico Teatro antico e Odeon di Catania
Catania (CT)
1900382811
luogo ad uso pubblico teatro, odeon
proprietà Ente pubblico territoriale
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana - 2016
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione - 2008
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana - 2012
bibliografia specifica: Università di Napoli - 2005
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e della pubblica istruzione - 2005
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana - 2013
bibliografia specifica: Scaglione Giannantonio - 2012
bibliografia specifica: Arcifa Lucia - 2009
bibliografia specifica: Buda Giovanna - 2015
bibliografia specifica: Iozzia Anna Maria - 2015
bibliografia specifica: Nicoletti Fabrizio - 2015
bibliografia specifica: Pagnano Giuseppe - 2007
bibliografia specifica: Pagnano Giuseppe - 2010
bibliografia specifica: Pautasso Antonella - 2015
bibliografia specifica: Privitera Santo - 2009
bibliografia specifica: Taormina Agata - 2010
bibliografia specifica: Taormina Agata - 2015
bibliografia specifica: Tortorici Edoardo - 2008
bibliografia specifica: Branciforti Maria Grazia - 2010
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana - 2010
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana - 2015
bibliografia specifica: Regione siciliana. Assessorato dei beni culturali e della pubblica istruzione - 2007
bibliografia specifica: Branciforti Maria Grazia - 2005
Il Complesso archeologico del Teatro antico e Odeon di Catania sorge nel pendio meridionale della collina di Montevergine, sede dell’acropoli della colonia calcidese di Katane, fondata nel 729-728 a.C. (Tucidide, VI, 3). Nel sito del Teatro antico sono stati rinvenuti diversi tratti attribuiti alla cinta muraria dell’abitato arcaico ed altri resti di strutture e reperti, nella parte orientale, legati alla presenza di un’area sacra (Branciforti 2008). Gli studiosi collocano l’edificazione del teatro di Katane sotto Dionigi I (dal 403 a.C.) quando la città, dopo le conquiste siracusane, viene dotata di edifici pubblici e di un nuovo impianto viario per strigas. Le fonti letterarie (Tuc. I, VI; Frontino, Stratag., II, 2, 6) accennano all’esistenza di un teatro in cui i catanesi riuniti avrebbero ascoltato l’arringa di Alcibiade che li induceva ad allearsi con Atene nel 415 a.C.. Gli scavi archeologici confermano la presenza di strutture murarie riferibili ad un teatro greco, nel sito del teatro romano oggi visibile, attribuibile al V-IV sec. d.C. (Sciuto Patti e Salinas 1884, Libertini 1929, Anti 1947, Branciforti 2008). Dopo la conquista romana della Sicilia (263 a.C.) e la deduzione della colonia augustea di Catina (21 a.C.), nel periodo imperiale vengono realizzate nuove arterie stradali sugli esistenti tracciati greci e costruiti grandi edifici pubblici. Il teatro romano, edificato in più fasi costruttive, viene costruito nel I sec. d.C. e ampliato e monumentalizzato nel II sec. d.C. (Branciforti 2010). A questa fase appartiene probabilmente anche la costruzione dell’Odeon ad ovest del Teatro, con funzioni complementari, quali spettacoli e gare canore; l’edificio minore si inserisce alla quota del terzo ambulacro del Teatro, a cui è collegato mediante un percorso parallelo ai cardines della città. Tra il IV e V sec. d.C. il Teatro svolge ancora la sua funzione con naumachie e altri spettacoli, come attestano la presenza di una cisterna e alcune epigrafi, e vengono realizzati il restauro dell’orchestra e della fronte del palcoscenico ed un nuovo podio (Branciforti 2008). In seguito, il Teatro e l’Odeon cadono nel degrado e vengono privati dei materiali costitutivi e dei preziosi rivestimenti, fino all’abbandono, documentato nel VII secolo dai reperti individuati negli strati di crollo all’interno del Teatro e dai resti di strutture legate ad altri usi. I rinvenimenti di ceramiche di prevalente uso domestico (VIII-X sec.) attestano che nel sito sono presenti abitazioni già nel periodo altomedievale. Altri reperti, rinvenuti in varie zone del sito, dimostrano la continuità dell’utilizzo abitativo di esso ancora per parecchi secoli. Nel XVI sec., come risulta dalle fonti (Bolano 1592) e dalle rappresentazioni cartografiche della città (Anonimo, comm. Rocca, 1584), il Teatro è già quasi del tutto ricoperto da case, disposte secondo l’emiciclo della cavea; così pure l’Odeon viene invaso da abitazioni, stalle e botteghe. Dopo il terremoto del 1693, nel corso della ricostruzione della città, parti del Teatro e dell’Odeon vengono inglobate da palazzi di carattere rappresentativo, sorti lungo i tracciati viari perimetrali dell’isolato. Nell’ambito della cultura antiquaria e della tutela archeologica del Settecento, il principe di Biscari, anche in qualità di Regio Custode, dà impulso a importanti scavi archeologici; tra l’altro, nell’area ad est del Teatro occupata dai Palazzi Gravina e Valsavoja, egli rinviene il prospetto esterno ed una scala, a protezione dei quali fa costruire un alto muro. Alla fine del secolo vengono liberati parte della cavea e del primo ambulacro del Teatro e rinvenuti molti elementi decorativi; vengono anche compiuti restauri all’Odeon. Nel corso dell’Ottocento prosegue l’attività di tutela e liberazione dei due monumenti, con gli interventi della Commissione alle Antichità e Belle Arti in Sicilia e gli scavi di M. Musumeci. Agli inizi del XX sec. P. Orsi, Sovrintendente alle Antichità della Sicilia orientale, intraprende l’esproprio dell’Odeon, danneggiato da tempo per la costruzione del palazzo del barone Sigona. Con l’attività di tutela di Guido Libertini e le campagne di scavo attuate dalla Soprintendenza Archeologica della Sicilia Orientale si assiste, dopo il secondo conflitto mondiale, alla quasi completa liberazione e al ripristino dei due monumenti, a cui contribuisce Italo Gismondi. Dalla fine del Novecento fino al 2015 circa, vengono attuati dalla Soprintendenza di Catania importanti interventi, in gran parte finanziati con fondi comunitari, consistenti nell’acquisizione di alcuni edifici e nei lavori di liberazione e restauro del Teatro e dell’Odeon, scavo archeologico e recupero dei reperti rinvenuti, in parte oggi esposti alla fruizione. Nel 2016 il Complesso archeologico viene ricompreso tra i siti gestiti dal Polo regionale di Catania e della Valle dell’Aci e nel 2019 viene infine inserito all’interno del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci