Coppia di cavalli, per giostra a cavalli, STRUMENTI E ACCESSORI/ LUDICI

https://w3id.org/arco/resource/DemoEthnoAnthropologicalHeritage/0500724884 an entity of type: DemoEthnoAnthropologicalHeritage

Coppia di cavalli, per giostra a cavalli, bene complesso/ insieme
Coppia di cavalli, per giostra a cavalli, STRUMENTI E ACCESSORI/ LUDICI 
Coppia di cavalli, per giostra a cavalli, STRUMENTI E ACCESSORI/ LUDICI 
I due cavalli da carosello sono in legno scolpiti a tutto tondo, entrambi hanno il manto dipinto di colore bianco, gli zoccoli sono neri e le code sono lunghe e in crine nero. I due esemplari hanno una applicazione in metallo sulla parte alta del collo dove il fruitore può appoggiare le mani. Il primo esemplare con pennacchio è raffigurato nella posizione del salto, ben proporzionato, realistico, le zampe anteriori sono leggermente sfasate, la criniera è intagliata, come mossa dal vento, ricade solo su un lato del collo, un piccolo ciuffo spunta tra le orecchie che sono tese e in avanti. La criniera è anch’essa di colore bianco con chiaroscuri per rendere la profondità. Il muso è realistico e presenta una mascella ben evidenziata, con venature in rilievo, froge. La bocca è aperta, si distinguono un accenno di lingua e di denti, occhi intagliati ben evidenti, spalancati e con l’applicazione di occhi di vetro. La lingua, il contorno degli occhi, le froge e l’interno delle orecchie sono dipinte di rosa. Per quanto riguarda i finimenti e la bardatura l’esemplare è molto decorato: le redini, composte da doppio montante del morso e capezzina, sono intagliate e dipinte di giallo; presente anche un gancio in ferro a guisa di ferretto dove agganciare le briglie mancanti. Sulla testa è posizionato un pennacchio in piume principalmente di colore rosso. È presente un’articolata fascia, o cinghia, pettorale dipinta di rosso e giallo e intagliata con decori geometrici a rombo, oltre a un decoro che imita una frangia e applicazione di specchietti rettangolari o romboidali (molti mancanti) solo sul lato destro rispetto al cavaliere. La fascia pettorale ha al centro una falera tonda, come ulteriore abbellimento, di colore viola e giallo con specchietto mancante. La sella vera e propria, in altorilievo dipinta in marrone, è solo sul dorso con un arcione a voluta piuttosto semplice. La bardatura dei fianchi presenta un intaglio molto ricco e composito, raffigurante una creatura fantastica: un drago dalla coda di pesce di colore verde con una sorta di cresta rossa e verde e con le fauci aperte nell’atto di sputare fuoco di colore rosso e giallo. Completa il decoro una specie di rosone intagliato di colore rosso, giallo e viola, con tre nappine blu, sempre intagliate, e con specchietti tondi sul lato destro (mancanti). Per finire una fascia posteriore sempre gialla e rossa e con specchietti romboidali solo sul lato destro. Il secondo esemplare è raffigurato nella posizione del salto, ben proporzionato, le zampe anteriori e posteriori sono parallele e tese, la criniera è intagliata, come mossa dal vento, ricade solo su un lato del collo, un piccolo ciuffo spunta tra le orecchie che sono tese e in avanti. La criniera è anch’essa di colore bianco con chiaroscuri per rendere la profondità. Il muso è realistico e presenta una mascella ben evidenziata, con venature in rilievo, froge. La bocca è aperta, si distinguono un accenno di lingua e di denti, occhi intagliati ben evidenti, spalancati e con l’applicazione di occhi di vetro. La lingua, il contorno degli occhi, le froge e l’interno delle orecchie sono dipinte di rosa. Per quanto riguarda le redini, ben dettagliate, composte da doppio montante del morso, capezzina, frontalino, sopracapo, sono intagliate e dipinte di rosso, con bordi gialli e decoro “a cancelletto”; presente anche un gancio in ferro a guisa di ferretto dove agganciare le briglie mancanti. Il secondo esemplare ha una ricca fascia pettorale molto articolata soprattutto sulle spalle, dipinta di rosso, giallo, blu e intagliata con decori tra cui anche una frangia e con applicazione di specchietti rotondi e romboidali (alcuni mancanti) solo sul lato destro rispetto al cavaliere. La fascia pettorale ha al centro una falera tonda, come ulteriore abbellimento, con specchietto mancante. La sella vera e propria, in altorilievo dipinta in marrone, ricopre il dorso e parte dei fianchi, presenta anche un arcione intagliato a testa di leone, abbastanza stilizzato, con fauci rosse spalancate e occhi rossi. Vi è poi una coperta da sella di colore verde chiaro con bordi blu, un sottopancia rosso, tutti a bassorilievo. Completano la bardatura una fascia posteriore simile a quella anteriore e una decorazione che ricopre tutte le cosce e la groppa dipinta in vari colori. Anche in questo caso gli specchietti, alcuni mancanti e di svariate forme, sono presenti solo sul lato destro rispetto al cavaliere. Entrambi gli esemplari sono agganciati sul ventre a un meccanismo in ferro con molle, che doveva essere ancorato alla pedana della giostra, per permettere l’oscillazione. Nel cavallo con il pennacchio una delle molle è mancante ed è stata sostituita da una cinghia di tensionamento più moderna 
Coppia di cavalli (per giostra a cavalli, bene complesso/ insieme) 
00724884 
Cavallo con pennacchio ; Cavallo senza pennacchio 
05 
0500724884 
Esistono numerose fonti scritte sulla nascita e lo sviluppo dell’attrazione chiamata “giostra”. I primi passi si perdono nel tempo e sono intimamente connessi con il desiderio dell’uomo di ricercare divertimento, emozioni, vertigine, temporanea evasione dalla realtà anche con l’ausilio di sollecitazioni fisiche. Quest’ultime erano originariamente semplici: come oscillazioni o rotazioni prodotte autonomamente dagli stessi fruitori, con le loro sole forze. In questa ottica le fonti concordano nel considerare l’altalena una prima forma di giostra. Per quanto riguarda l’oscillazione molte sono le varianti che si sono susseguite nel tempo, al passo con i progressi tecnologici, meccanici e le modalità di imprimere il movimento: all’inizio le persone salivano su barchette o elementi simili che salivano e scendevano, sostituite poi da gabbie volanti, piattaforme con sedili, barche sempre più grandi, navicelle chiuse in grado di arrivare a fare il giro completo e di muoversi velocemente. Se dall’oscillazione si passa alla rotazione le fonti scritte indicano diverse tipologie possibili: ad esempio la giostra a catene con tanti seggiolini attaccati a delle catene che girando si allargano, il cui principio di base è praticamente rimasto inalterato nel tempo (la “Calci” ancora oggi molto nota trova nelle altalene turche, citate in un manoscritto del XV secolo, un’antica testimonianza). Altra tipologia è la giostra “onda del mare” che univa un movimento circolare all’oscillazione e ha subito nel tempo molte trasformazioni arrivando a versioni sempre più complesse e vorticose (basti pensare al Tagadà). Altra tipologia ancora è la giostra a cavalli, onnipresente nei contesti di fiera, Luna Park itineranti e parco di divertimenti fisso. L’origine è medioevale: il gioco di forza, coraggio ma anche di esaltazione dei valori cavallereschi; la singolar tenzone che vedeva due cavalieri affrontarsi scagliandosi uno contro l’altro per disarcionarsi. Dal latino iuxtare, farsi vicino, approssimarsi. Lo scopo era quello di divertire: le lance erano costruite in un legno tenero affinché si rompessero facilmente, l’armatura non era quella da guerra, le bardature molto appariscenti. Da questa prima competizione si svilupparono la giostra dell’anello e quella della quintana dove veniva a mancare l’avversario in carne e ossa sostituito da bersagli di varia forma da colpire o infilare per mostrare le proprie abilità. Sembra che durante gli allenamenti i cavalieri potessero utilizzare cavalcature in legno attaccate a un asse centrale fatto ruotare dai servitori. Nel 1500 queste gare vennero progressivamente sostituite da parate e cortei mentre nelle ville aristocratiche, per stupire gli ospiti, iniziarono a comparire attrazioni che richiamavano la giostra ad anelli: mosse a mano compivano movimenti rotatori con sedili a forma di cavallino. Pur nata tra le classi egemoni, le vicende storiche portarono a una sua lenta diffusione tra le nuove classi emergenti, come la borghesia, e anche tra le classi subalterne: ad esempio gli studiosi attestano che già nel 1700 erano apparse in contesti più popolari, mantenendo la presenza del sedile a forma di cavallo. Nel 1800 questa tipologia di giostra diventa sempre più un divertimento apprezzato dalla classe borghese: si trovavano anche vicino ai caffè, nei parchi cittadini. Si svilupparono soprattutto in Inghilterra, Francia, Germania, dove gli effetti della Rivoluzione Industriale erano ben presenti. Iniziarono a crearsi versioni sempre più elaborate e scenografiche nella grandezza, nella struttura (più file di cavalli, più piani, sculture, pannelli, luci), nella presenza di musica (organi meccanici al centro o a fianco), nei movimenti dei cavalli, nel loro aspetto esteriore (a cui si potevano aggiungere anche animali da cortile, esotici, creature fantastiche, oltre che a pirlini, bussole, landò, etc…). Nel tempo si consolidarono degli “stili” riconoscibili in base alla provenienza inglese, tedesca, francese degli intagliatori e delle ditte produttrici. Alcuni artigiani europei specializzati emigrarono poi negli Stati Uniti dando il via a nuove collaborazioni e nuove tendenze. Questa attrazione era inizialmente pensata per fruitori adulti ma man mano che si abbelliva e si arricchiva, si apriva a coppie, famiglie, etc… Il movimento era prima impresso a mano dal gestore che spingeva i cavalli man mano che passavano, poi con l’uso della forza animale (cavalli o asini), poi motori a vapore, benzina, gasolio ed elettrici. Le giostre a cavalli sono chiamate anche carosello. Per varie ragioni storiche in Italia le giostre a cavalli, e le loro varie forme più elaborate, giunsero in un tempo successivo rispetto ad altre nazioni. Fonti scritte riportano la presenza nel 1856 a Bra della Giostra di Bastian, una giostra costruita nel 1850 circa. Gestita da Schiavo Sebastiano divenuto spettacolista itinerante dopo essere stato venditore ambulante di confetti. Si hanno dettagli interessanti del funzionamento della giostra: mossa prima a mano e poi con l’ausilio di un cavallo, metteva in palio un giro gratis a chi riusciva ad afferrare un anello che pendeva da una stoffa. Non aveva pavimentazione ma una copertura dalla quale pendevano stanghe in ferro rivestite di ottone con i cavalli sospesi. Progressivamente, come per altre attrazioni dello spettacolo viaggiante, il pubblico adulto perse interesse in questo tipo di divertimento inseguendo altre mode e attrazioni, la giostra a cavalli divenne sempre più obsoleta rispetto ad altre giostre e sempre più riservata ai bambini; dagli anni Trenta erano sempre più le giostre pensate espressamente per i bambini. A mano a mano il numero di cavalli presenti sulla pedana iniziò a calare, gli spazi erano sempre più condivisi con altre cavalcature più appetibili per i nuovi fruitori: macchine, carri armati, trenini, barche, razzi, personaggi dei cartoni animati. In Italia, negli anni, alcune giostre a cavalli tradizionali diventarono molto famose, quasi iconiche, tra il pubblico e tra gli stessi viaggiatori itineranti, come l’ottocentesca “Peter” (dal cognome dell’esercente tedesco che per primo la portò in Italia). Oltre alla bellezza, all’imponenza e alla presenza di cavalli galoppanti con movimento molto realistico, quando arrivò nel 1912, era mossa con motore a vapore, con tanto di conduttore patentato, e il pavimento girava su rotaie. La “Peter” cambiò vari proprietari nel corso degli anni, tra cui anche famiglie di viaggiatori italiane. Esportata in Egitto, rimase bloccata alla dogana di Alessandria e fu dispersa. Tra gli spettacolisti itineranti che possedevano giostre a cavalli famose si citano la dinastia Degli Innocenti, con una giostra costruita nel 1793 di fattura tedesca, restaurata più volte e ancora di proprietà della famiglia o la giostra della dinastia Picci a Firenze, sempre creata in Germania in un periodo tra il 1900 e il 1930, poi ristrutturata 
La coppia di cavalli catalogata è parte dell’esposizione permanente del Museo Storico della Giostra e dello Spettacolo Popolare di Bergantino era parte dell’esposizione permanente dal 2008, i due cavalli sono stati acquisiti in due momenti diversi, uno nel 2008 e uno nel 2011. Precedentemente la coppia era compresa nella collezione privata di Carlo Piccaluga. Tale trascorsa appartenenza rappresenta, da un punto di vista antropologico, un aspetto importante della vita sociale dell’oggetto: da strumento, o parte di strumento, di lavoro inerente alla sfera dello spettacolo viaggiante, attraverso un processo di singolarizzazione, si è rivestito di un particolare valore affettivo per il suo rapporto con determinate persone. Inoltre, proprio grazie alle attività di individuazione, raccolta e custodia del collezionista privato è stato possibile che il suddetto bene non venisse distrutto o disperso ma potesse divenire, in una ulteriore nuova fase della sua vita sociale, un importante elemento per la costruzione della narrazione museale vista la loro rappresentatività come elementi fondamentali della tipologia di giostra che più è legata al comune immaginario delle fiere, sagre, Luna Park, Parchi di Divertimento: il carosello, la giostra a cavalli. Carlo Piccaluga era un “viaggiatore”, un esercente di spettacoli viaggianti appartenente a una famiglia piemontese con una lunga tradizione nel settore, in gergo “un dritto”. Pur nell’impossibilità di un confronto diretto con lui (è venuto a mancare nel 2019), la ricerca sul campo presso il Museo ha permesso di ricostruire alcuni aspetti singolari della sua attività di collezionista, attraverso i racconti e le memorie di chi lo ha conosciuto personalmente. Carlo Piccaluga era un “viaggiatore”, un esercente di spettacoli viaggianti appartenente a una famiglia piemontese con una lunga tradizione nel settore, in gergo “un dritto”. Pur nell’impossibilità di un confronto diretto con lui (è venuto a mancare nel 2019), la ricerca sul campo presso il Museo ha permesso di ricostruire alcuni aspetti singolari della sua attività di collezionista, attraverso i racconti e le memorie di chi lo ha conosciuto personalmente. Carlo Piccaluga era membro di una delle più antiche dinastie del viaggio che svolgono il loro lavoro tra Piemonte, Lombardia e Liguria. Gli antenati della famiglia (bisnonno e nonno) erano inizialmente pescatori sul fiume Po nella zona di Casale Monferrato. Per integrare il bilancio familiare hanno iniziato l’attività di esercenti di spettacoli itineranti con attrazioni di loro proprietà, divenuta poi il mestiere principale della famiglia. Nato in carovana è sempre vissuto in carovana, uno stile di vita semi nomade che ha influenzato la sua concezione di casa, quotidianità, legame ai luoghi, tempi festivi e tempi del lavoro, libertà. La Sala dei Ricordi nasce nel 1997 a Vigone, in un luogo “fermo”, ma molto amato da Piccaluga perché, nonostante la vita trascorsa in un viaggio senza fine, qui aveva costruito ricordi, amicizie, rapporti duraturi: qui il suo spirito di viaggiatore poteva convivere con una certa stanzialità. La Sala era lo spazio per ospitare oggetti che stava raccogliendo da alcuni anni (nel complesso la raccolta è durata circa quarant’anni), oggetti provenienti dal mondo del Luna Park, del Circo (un contesto di vita parallelo alle fiere e ai Luna Park con cui aveva coltivato rapporti familiari, amicali e di cui serbava cari ricordi), fotografie e documenti (come registri delle spese, richieste di permessi, etc…). Gli oggetti appartenevano alla sua famiglia o erano stati donati, o recuperati perché abbandonati o acquistati ad altri “viaggiatori”. Nelle intenzioni del suo creatore la collezione doveva essere aperta al pubblico per raccontare ai “fermi”, a chi non apparteneva al mondo dello spettacolo itinerante, i “viaggiatori della luna”, ma soprattutto, come suggerisce il nome stesso, la collezione doveva preservare il ricordo dei viaggiatori che non ci sono più: amici, colleghi, familiari e custodirne la memoria. Spesso affermava che all’interno della Sala non si dimentica niente, che lì vivevano le persone che non ci sono più. Questo aspetto, il ricordare, secondo i racconti di chi lo ha conosciuto, era profondamente radicato in lui e rivela l’aspetto più riflessivo della collezione e della scelta dei pezzi: non tanto la bellezza, la rarità dell’oggetto ma la sua capacità di rappresentare le generazioni passate a quelle future, di raccontare. Nella Sala dei Ricordi lui in primis, ma anche altri viaggiatori dello spettacolo, potevano ricordare altri colleghi grazie alla mediazione di alcuni oggetti che li rappresentavano. Un organo da fiera, un burattino, una macchinina dell’autoscontro diventavano espressione di quel determinato viaggiatore o della sua famiglia. Il rapporto tra Piccaluga e il Museo è stato il frutto di una relazione costruita nel tempo e non senza difficoltà. Il Direttore del Museo ha infatti dovuto affrontare e sciogliere alcune frizioni e preconcetti che caratterizzavano i rapporti fra i “dritti”, gli esercenti con una lunga tradizione nel campo dello spettacolo viaggiante e gli esercenti di Bergantino, arrivati sulla “piazza” in tempi più recenti e non considerati dai colleghi “viaggiatori per vocazione di vita” ma solo per scelta lavorativa, rimanendo, in qualche modo, legati alla loro terra di origine e desiderosi di ritornare stanziali. La sensibilità sia del Direttore che di Piccaluga ha permesso di cancellare le incomprensioni, evidenziando invece i valori condivisi come il rispetto per i viaggiatori e l’amore verso il loro mondo, instaurando così un rapporto di affetto e stima reciproca. Con il passare del tempo Piccaluga ha iniziato a pensare al futuro della Sala: la consapevolezza che i figli e i nipoti non coltivavano la sua stessa abnegazione nei confronti della collezione lo ha portato a cercare una collocazione diversa. Dato il particolare legame che aveva instaurato con essi, era restio e dispiaciuto all’idea di separarsene ma avendo imparato a conoscere il Museo, le sue attività e la considerazione che il Direttore rivolgeva ai suoi oggetti, è stato possibile far sì che nell’arco di alcuni anni, tra il 2003 e il 2019, diversi oggetti fossero acquisiti dal Museo confluendo nell’allestimento e caricandosi di nuovi significati in relazione agli aspetti storico e antropologici dello spettacolo viaggiante stabiliti nel progetto museologico. Periodicamente, Piccaluga veniva al Museo e rimaneva a guardarli per molto tempo, era come se andasse a trovare degli amici, per continuare a ricordare insieme i “viaggiatori della luna”, così amavano definirsi i viaggiatori piemontesi e lombardi. Le informazioni raccolte sul campo, avvallate da ulteriori fonti iconografiche, riportano un ulteriore aspetto: la coppia di cavalli bianchi da giostra insieme all’organo da fiera della ditta tedesca Ruth & Sohn, detto “il Contardi” dal cognome del suo precedente proprietario, costituivano una sorta di mini Sala dei Ricordi itinerante, portata in viaggio in diverse piazze. Considerati da Piccaluga come i miglior rappresentanti dello spirito dell’intera collezione, esposti con l’organo al centro e i cavalli bianchi ai suoi lati, erano divenuti una sorta di ambasciatori capaci di restituire i sentimenti dei viaggiatori passati, di comunicare al pubblico delle varie località in cui veniva portato il valore del loro lavoro e della loro singolare scelta di vita. La ricerca presso il Museo ha potuto rilevare un altro dettaglio sui cavalli catalogati: Carlo Piccaluga aveva affermato, al momento dell’acquisizione da parte del Museo, che i due esemplari erano di antica fattura tedesca, circa la seconda metà dell’Ottocento, e che cavalli di tale bellezza e di origine così antica si potevano trovare in poche giostre a cavalli, citando quella di suo fratello Mauro (datata 1856) e quella della famiglia Degli Innocenti. Non potendo disporre di dati certi riguardo la manifattura dei cavalli, non sono infatti presenti marchi o etichette del costruttore, il personale del Museo ha provveduto a una comparazione iconografica basandosi su testi specifici che riportano le diverse caratteristiche distintive e gli stili di famosi creatori e intagliatori di cavalli da giostra. La comparazione è stata ripetuta anche al momento del rilevamento sul campo ed è possibile affermare, con un certo grado di attendibilità, che i cavalli siano stati creati da Josef Hübner, noto intagliatore di cavalli da giostra tedesco. Un’ulteriore comparazione iconografica con la giostra della famiglia di Mauro Piccaluga e quella della famiglia Degli Innocenti evidenzia che i cavalli presentano caratteristiche molto simili, probabilmente opera della stessa mano o provenienti dallo stesso laboratorio. La Germania, nel XIX secolo e agli inizi del XX secolo, era un luogo di produzione molto importante con ditte o piccole società che si occupavano sia della costruzione dell’intera giostra, sia dei singoli elementi (cavalli, altri animali, gondole, landò). La ditta di Hübner era attiva a Neustadt an der Orla, una cittadina abbastanza vicina a Dresda. Una preliminare ricerca tra le fonti bibliografiche specifiche presenti al Museo indica questo modello di cavalli con struttura oscillatoria come “Boden-Karussell”. La ricerca inoltre ha evidenziato che non era affatto inusuale che gli esercenti dello spettacolo itinerante acquistassero, indipendentemente dalla struttura della giostra, un determinato numero di cavalli o altri elementi simili da carosello, scegliendo i modelli attraverso dettagliati cataloghi forniti dal costruttore per poi montarli su una propria giostra già esistente. I cavalli sono agganciati sul ventre a un supporto in ferro con molle che permette il dondolio avanti e indietro, in uno dei due cavalli una molla è mancante ed è stata rimpiazzata da una moderna cinghia di tensionamento. Non è stato possibile stabilire se si tratta di una soluzione “di recupero” fatta dal proprietario della giostra su cui i cavalli erano montati o da Piccaluga stesso. Un’altra caratteristica che si è evidenziata è la presenza, per entrambi, di una decorazione composta da specchietti incastonati nella bardatura, solo sul fianco destro rispetto al cavaliere. Infatti gli intagliatori e decoratori potevano avere modelli con decorazioni uguali per entrambi i fianchi dei cavalli e modelli in cui il fianco destro era più ricco di decorazioni. Questo perché le giostre a cavallo ruotano solitamente, ancora oggi, in senso antiorario (tranne in territori anglosassoni) e quindi il fianco destro, rispetto al cavaliere, è quello più visibile dall’esterno 
I due cavalli da carosello sono in legno scolpiti a tutto tondo, entrambi hanno il manto dipinto di colore bianco, gli zoccoli sono neri e le code sono lunghe e in crine nero. I due esemplari hanno una applicazione in metallo sulla parte alta del collo dove il fruitore può appoggiare le mani. Il primo esemplare con pennacchio è raffigurato nella posizione del salto, ben proporzionato, realistico, le zampe anteriori sono leggermente sfasate, la criniera è intagliata, come mossa dal vento, ricade solo su un lato del collo, un piccolo ciuffo spunta tra le orecchie che sono tese e in avanti. La criniera è anch’essa di colore bianco con chiaroscuri per rendere la profondità. Il muso è realistico e presenta una mascella ben evidenziata, con venature in rilievo, froge. La bocca è aperta, si distinguono un accenno di lingua e di denti, occhi intagliati ben evidenti, spalancati e con l’applicazione di occhi di vetro. La lingua, il contorno degli occhi, le froge e l’interno delle orecchie sono dipinte di rosa. Per quanto riguarda i finimenti e la bardatura l’esemplare è molto decorato: le redini, composte da doppio montante del morso e capezzina, sono intagliate e dipinte di giallo; presente anche un gancio in ferro a guisa di ferretto dove agganciare le briglie mancanti. Sulla testa è posizionato un pennacchio in piume principalmente di colore rosso. È presente un’articolata fascia, o cinghia, pettorale dipinta di rosso e giallo e intagliata con decori geometrici a rombo, oltre a un decoro che imita una frangia e applicazione di specchietti rettangolari o romboidali (molti mancanti) solo sul lato destro rispetto al cavaliere. La fascia pettorale ha al centro una falera tonda, come ulteriore abbellimento, di colore viola e giallo con specchietto mancante. La sella vera e propria, in altorilievo dipinta in marrone, è solo sul dorso con un arcione a voluta piuttosto semplice. La bardatura dei fianchi presenta un intaglio molto ricco e composito, raffigurante una creatura fantastica: un drago dalla coda di pesce di colore verde con una sorta di cresta rossa e verde e con le fauci aperte nell’atto di sputare fuoco di colore rosso e giallo. Completa il decoro una specie di rosone intagliato di colore rosso, giallo e viola, con tre nappine blu, sempre intagliate, e con specchietti tondi sul lato destro (mancanti). Per finire una fascia posteriore sempre gialla e rossa e con specchietti romboidali solo sul lato destro. Il secondo esemplare è raffigurato nella posizione del salto, ben proporzionato, le zampe anteriori e posteriori sono parallele e tese, la criniera è intagliata, come mossa dal vento, ricade solo su un lato del collo, un piccolo ciuffo spunta tra le orecchie che sono tese e in avanti. La criniera è anch’essa di colore bianco con chiaroscuri per rendere la profondità. Il muso è realistico e presenta una mascella ben evidenziata, con venature in rilievo, froge. La bocca è aperta, si distinguono un accenno di lingua e di denti, occhi intagliati ben evidenti, spalancati e con l’applicazione di occhi di vetro. La lingua, il contorno degli occhi, le froge e l’interno delle orecchie sono dipinte di rosa. Per quanto riguarda le redini, ben dettagliate, composte da doppio montante del morso, capezzina, frontalino, sopracapo, sono intagliate e dipinte di rosso, con bordi gialli e decoro “a cancelletto”; presente anche un gancio in ferro a guisa di ferretto dove agganciare le briglie mancanti. Il secondo esemplare ha una ricca fascia pettorale molto articolata soprattutto sulle spalle, dipinta di rosso, giallo, blu e intagliata con decori tra cui anche una frangia e con applicazione di specchietti rotondi e romboidali (alcuni mancanti) solo sul lato destro rispetto al cavaliere. La fascia pettorale ha al centro una falera tonda, come ulteriore abbellimento, con specchietto mancante. La sella vera e propria, in altorilievo dipinta in marrone, ricopre il dorso e parte dei fianchi, presenta anche un arcione intagliato a testa di leone, abbastanza stilizzato, con fauci rosse spalancate e occhi rossi. Vi è poi una coperta da sella di colore verde chiaro con bordi blu, un sottopancia rosso, tutti a bassorilievo. Completano la bardatura una fascia posteriore simile a quella anteriore e una decorazione che ricopre tutte le cosce e la groppa dipinta in vari colori. Anche in questo caso gli specchietti, alcuni mancanti e di svariate forme, sono presenti solo sul lato destro rispetto al cavaliere. Entrambi gli esemplari sono agganciati sul ventre a un meccanismo in ferro con molle, che doveva essere ancorato alla pedana della giostra, per permettere l’oscillazione. Nel cavallo con il pennacchio una delle molle è mancante ed è stata sostituita da una cinghia di tensionamento più moderna 
Coppia di cavalli 
Bergantino (RO) 
0500724884 
coppia di cavalli per giostra a cavalli 
proprietà Ente pubblico territoriale 
legno 
tecniche varie 
metallo/ lega di ferro 

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