torneo di cavalieri (dipinto, ciclo) by Pisanello (sec. XV)

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dipinto, ciclo torneo di cavalieri
torneo di cavalieri (dipinto, ciclo) by Pisanello (sec. XV) 
torneo di cavalieri (dipinto, ciclo) di Pisanello (sec. XV) 
(?) 1432-(?) 1433 
Ciclo decorativo affrescato con una complessa tecnica esecutiva: lo strato più antico corrisponde alla cosidetta sinopia rossa, che in verità è un rifinito disegno a terra rossa, realizzato su un intonaco piuttosto levigato e destinato quindi a rimanere a vista. La rappresentazione siffatta è completata da alcune scritte a terra bruna o a carbone, anch'esse particolarmente eleganti e studiate. Pisanello ha ripreso mano alle pitture del salone gonzaghesco in una seconda fase e sulla parete del Torneo, laddove ha impostato una diversa sinopia, questa realmente con quella funzione, a terra rossa e nera e l'ha quindi coperta con uno strato d'intonaco sul quale ha steso i colori - in parte a fresco e in parte a secco - e dove avrebbe dovuto infine applicare le foglie metalliche. Sopra la rappresentazione della battaglia, vi è un fregio continuo con nastri e imprese araldiche. Nel fregio del ciclo mantovano sono stati ravvisati emblemi araldici da cui potrebbe dipendere la datazione dell'opera: vi sono le "calendule" alternate a un motto francese, delle calte palustri e il "collare delle SS", un'onorificenza che Gian Francesco Gonzaga ottiene nel 1436, ma che veniva adoperata già in anni anteriori (Toesca 1973 [1974]; Toesca 1974) 
dipinto (ciclo) 
St. 2078  St. 2079  St. 2081  St. 2082  St. 2083  St. 2085  St. 2086  St. 2087  St. 2088  St. 2089  St. 2090  St. 2091  St. 2092  St. 2093  St. 2094  St. 2095  St. 2096  St. 2097  St. 2098 
00151955 
03 
0300151955 
Dalla loro clamorosa scoperta, avvenuta per merito di Giovanni Paccagnini nella seconda metà degli anni Sessanta (prima segnalazione nel 1969), i murali di Pisanello si sono imposti come uno dei principali testi figurativi del primo Quattrocento italiano. Documenti del 1480, noti dal 1888 (Rossi 1888, pp. 455-456; Cordellier 1995, pp. 182-184 nn. 87-89), attestano la presenza nel palazzo poi detto "Ducale" di una "salla del Pisanello", sulla cui ubicazione non sono offerti ragguagli, ma che sappiamo verosimilmente collocata in Corte Vecchia.Paccagnini scopre nel controsoffitto della sala allora nota come "dei Principi" chiare tracce della decorazione tardo-gotica. L'abbassamento del soffitto e del pavimento - probabilmente a seguito di un intervento tardo-cinquecentesco - hanno alterato la struttura della sala, rimasta tuttavia nella sua originale estensione. È nel 1595, se non già prima, che le pitture di Pisanello vengono coperte da una decorazione a finto marmo, di cui rimangono tenui tracce in sito e in alcuni strappi (cat. [275-278]). L'ambiente muta non solo aspetto ma anche funzione e prende il nome, sotto Guglielmo, di sala "degli Arcieri" (Berzaghi 2003); il pavimento viene inoltre abbassato di oltre un metro rispetto alla quota originale; un'ulteriore importante trasformazione della sala si data al 1701, quando le pareti vengono coperte da un nuovo strato d'intonaco, dipinto con un fregio corrente di ritratti dei Gonzaga, da Luigi a Ferdinando Carlo (cat. [463-482]); è in questa fase che anche il soffitto della sala viene abbassato, di circa un metro e mezzo. Ma anche questo assetto subisce nuove manomissioni nel 1808, quando i murali appena citati vengono in parte trasformati in chiave neoclassica. Paccagnini ordina la totale rimozione delle superfici sovrapposte allo strato pittorico quattrocentesco, riportandolo così alla luce. Anche le pitture di Pisanello vengono però strappate - con dei rulli che si conservano tuttora nei depositi del Palazzo - e dopo di esse anche le sinopie sottostanti. Tutta la decorazione tardo-gotica è infatti oggi applicata su pannelli e nulla di essa rimane sulla muratura originale. I pannelli stessi, a lungo collocati in più locali della Corte Vecchia, attorno alla sala del Pisanello, vengono nel 1988-1992 posizionati sulle pareti della sala stessa, con l'eccezione della sinopia del Torneo, stabilmente nella sala dei Papi, e di altri frammenti erratici (Soggia 1995). L'artista non portò mai a compimento il lavoro, pensato con un'ampiezza veramente straordinaria: a uno stadio finito ci rimane solamente la parete del Torneo, mentre le peregrinazioni dei cavalieri della Tavola Rotonda alla ricerca del Sacro Graal si estendono su altre due pareti della sala (tre sole recano ancora le decorazioni tardo-gotiche), sono realizzate col solo disegno a sinopia rossa, di raffinata e finita esecuzione eppure destinato a essere coperto con uno strato d'intonaco dipinto, mai più realizzato. Per l'esattezza il ciclo, già correttamente legato alle gesta arturiane da Paccagnini (1972b, pp. 45-75), che individua anche la maggior parte degli episodi e dei personaggi rappresentati, è stato più precisamente interpretato come una narrazione delle imprese dei dodici pari del re Brangoire, secondo il testo del Lancelot en prose (col quale vi è anche esatta corrispondenza nella "numerazione" dei cavalieri, quale appare nelle frammentarie scritte superstiti), e in particolare dell'eroe Bohort (Bertolucci Pizzorusso 1972), il quale giunge nel castello del re Brangoire, prende parte a un torneo nel Chateau de la Marche che vince e si impegna quindi, assieme ad altri dodici cavalieri, in una queste. Nella inchiesta di Bohort si vuole anche vedere "il mistico simbolismo del romanzo dedicato alla ricerca del Graal" (Paccagnini 1972, p 63): un'interpretazione che suscita perplessità nella Bertolucci Pizzorusso (1972, p. 48), ma che rimane cara a buona parte della critica, lieta di intravedere un legame, per quanto trasfigurato in chiave epico-cavalleresca, con la devozione mantovana verso il Sangue di Cristo.La Algeri (2003, p. 70) nota che il principio della narrazione è perfettamente in asse con l'ingresso principale della sala; questo - come già suggerivo (L'Occaso 2003, pp. 159-160) - non coincide con l'apertura posta sul lato delle finestre e quasi adiacente al corpo del Palazzo del Capitano; credo infatti che si accedesse alla sala dipinta dal Pisanello attraverso una scala lapidea monumentale, di cui esistono ancora interessanti vestigia, da una porta aperta sotto la raffigurazione del baldacchino con le dame. CONTINUA NEL CAMPO OSS 
torneo di cavalieri 
Ciclo decorativo affrescato con una complessa tecnica esecutiva: lo strato più antico corrisponde alla cosidetta sinopia rossa, che in verità è un rifinito disegno a terra rossa, realizzato su un intonaco piuttosto levigato e destinato quindi a rimanere a vista. La rappresentazione siffatta è completata da alcune scritte a terra bruna o a carbone, anch'esse particolarmente eleganti e studiate. Pisanello ha ripreso mano alle pitture del salone gonzaghesco in una seconda fase e sulla parete del Torneo, laddove ha impostato una diversa sinopia, questa realmente con quella funzione, a terra rossa e nera e l'ha quindi coperta con uno strato d'intonaco sul quale ha steso i colori - in parte a fresco e in parte a secco - e dove avrebbe dovuto infine applicare le foglie metalliche. Sopra la rappresentazione della battaglia, vi è un fregio continuo con nastri e imprese araldiche. Nel fregio del ciclo mantovano sono stati ravvisati emblemi araldici da cui potrebbe dipendere la datazione dell'opera: vi sono le "calendule" alternate a un motto francese, delle calte palustri e il "collare delle SS", un'onorificenza che Gian Francesco Gonzaga ottiene nel 1436, ma che veniva adoperata già in anni anteriori (Toesca 1973 [1974]; Toesca 1974) 
torneo di cavalieri 
Mantova (MN) 
0300151955-0 
dipinto 
proprietà Stato 
intonaco/ pittura a fresco/ terra rossa 
bibliografia di confronto: Algeri G - 2003 
bibliografia specifica: L'Occaso S - 2011 
bibliografia di confronto: Bertolucci Pizzorusso - 1972 
bibliografia di confronto: Bazzotti U - 1993 
bibliografia di confronto: Bellù - 1987 
bibliografia di confronto: Benati - 2007 
bibliografia di confronto: Boskovits - 1988 
bibliografia di confronto: Brandi - 1980 
bibliografia di confronto: Castrichini - 1996 
bibliografia di confronto: Chiarelli - 1972 
bibliografia di confronto: Conti - 1990 
bibliografia di confronto: Cordellier - 1995 
bibliografia di confronto: De Marchi - 1992 
bibliografia di confronto: Degenhardt - 1973 
bibliografia di confronto: Franco T - 1996 
bibliografia di confronto: Malacarne G - 2005 
bibliografia di confronto: Meneghetti - 1999 
bibliografia di confronto: Paccagnini - 1969 
bibliografia di confronto: Paccagnini G - 1969 
bibliografia di confronto: Puppi - 1996 
bibliografia di confronto: Tellini Perina C - 1989 
bibliografia di confronto: Toesca I - 1973 
bibliografia di confronto: Toesca I - 1974 
bibliografia di confronto: Toesca I - 1977 
bibliografia di confronto: Toesca I - 1981 
bibliografia di confronto: Ventura - 2008 
bibliografia di confronto: Ventura L - 1996 
bibliografia di confronto: Woods-Mardsen - 1987 
bibliografia di confronto: Zanoli - 1973 
bibliografia specifica: Paccagnini - 1972 

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