Storie della fondazione di Roma (dipinto) by Procaccini il Giovane, Ercole; Doneda, Giovanni Stefano; Busca, Antonio; Ghisolfi, Giovanni (sec. XVII)
https://w3id.org/arco/resource/Lombardia/HistoricOrArtisticProperty/3o210-01275_R03 an entity of type: HistoricOrArtisticProperty
dipinto Storie della fondazione di Roma
Storie della fondazione di Roma (dipinto) by Procaccini il Giovane, Ercole; Doneda, Giovanni Stefano; Busca, Antonio; Ghisolfi, Giovanni (sec. XVII)
Storie della fondazione di Roma (dipinto) di Procaccini il Giovane, Ercole; Doneda, Giovanni Stefano; Busca, Antonio; Ghisolfi, Giovanni (sec. XVII)
post 1665-ante 1674
Ambiente rettangolare decorato con una pavimentazione in cotto e una copertura a finti cassettoni. L'impianto pittorico delle pareti si basa sulla divisione in due registri, con articolate finte architetture colonnate che sostengono una balconata animata da festanti figure policrome e variopinti musicanti. Nei riquadri che sovrastano porte e finestre sono raffigurate scene allegoriche legate alla storia di Roma dalla sua fondazione all'età dell'imperatore Augusto. Il tema si articola in otto scene, circondate da due finte statue dipinte dei personaggi effigiati, da leggere in senso orario dall'angolo sinistro della parete ovest; esse raffigurano: "Romolo e Remo allattati dalla Lupa alla presenza del Tevere", il "Sacrificio di Numa Pompilio", l'"Attività edilizia di Anco Marzio", la "Riforma di Servo Tullio del Senato romano", l'"Esecuzione dei figli di Bruto", "Scipione contempla la distruzione di Cartagine", il "Naufragio di Cesare", "Augusto che chiude le porte del tempio di Giano instaurando la pace". Al centro delle pareti minori due imponenti affreschi raffigurano "Mercurio appare a Iulio Ascanio per comandargli di abbandonare Lavinia e Silvio nella città di Lavinio e di fondare Alba Longa" e una "Allegoria della Chiesa", vero tripudio di elementi simbolici ed iconografici.
dipinto
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Collocata al centro dell'area del palazzo destinata alla grande rappresentanza, la "Sala dei Fasti romani", un tempo denominata "Grande Salone" o "Salone sopra la Porta verso il Teatro tutto dipinto", costituisce uno degli ambienti principali di Palazzo Arese Borromeo, originariamente destinato alla musica e allo svolgimento delle feste da ballo. Attorno ad esso ruota la scenografia comunicativa della Famiglia Arese in un gioco di rimandi alla cultura nobiliare europea e all'articolata simbologia del potere, che idealmente unisce Palazzo Arese Borromeo alle grandi corti spagnole e francesi e alla città papale di Roma. La grande sala costituisce un unicum culturale nell'ambito della pittura seicentesca lombarda per via del suo impianto allegorico che offre molteplici chiavi di lettura che un tempo miravano a illustrare il prestigio raggiunto dalla famiglia Arese e a legittimarne le scelte politico-amministrative, sempre finalizzate al "buon governo". L'iconografia ha infatti come tema-guida la storia di Roma dalle origini ad Augusto, secondo uno svolgimento che si dipana in senso orario dalla parete a nord-ovest: la trama storica, interrotta da allegorie sacre e cartigli in distici elegiaci, racconta gli otto secoli dalla monarchia alla repubblica all'Impero, ponendo molti riferimenti a temi di grande attualità per gli Arese, quali il nesso tra la religione e la tutela dello Stato, il primato del bene pubblico sugli affetti familiari, il ruolo centrale del Senato (specie in anni in cui Arese presiedeva quello milanese), l'amore per la cultura, la caducità della gloria militare e l'importanza della pace. Malgrado la "Sala dei fasti romani" sia stata ampiamente studiata, soprattutto dall'ultimo decennio del XX secolo, rimane incerta l'esatta definizione cronologica dell'esecuzione del suo impianto figurativo e la sua attribuzione a specifiche maestranze. Gli stessi interventi critici che si sono succeduti hanno spesso avanzato ipotesi generiche, attribuendo alcuni riquadri a Ercole Procaccini il Giovane, a Giovanni Stefano Doneda detto il Montalto e ad Antonio Busca. È tuttavia evidente che l'intera sala non sia opera di un unico artista e che numerose siano le maestranze che si siano susseguite nel tempo. Evidenti sono anche gli influssi dell'operato di Giovanni Ghisolfi, che si riflette nell'organizzazione "alla romana" degli spazi architettonici di alcune pitture e che spostano la datazione di queste ultime a un periodo successivo al 1661, quando Ghisolfi ritorna in Lombardia dal suo soggiorno romano. Se numerosi dubbi sono ancora presenti per definire la data d'inizio dei lavori, è probabile che gran parte dell'impianto decorativo sia stato definito e concluso entro il 1674, anno della morte di Bartolomeo III Arese, al quale sono direttamente legati numerosi stemmi araldici e riferimenti iconografici. La presenza degli stemmi e dei motti che si riferiscono alla famiglia Borromeo, invece, suggeriscono che tali decorazioni siano successive non solo al 1652, anno in cui Renato II Arese sposò Giulia Borromeo, ma anche al 31 marzo 1665, data della morte di Giulio II Arese e della conseguente origine dell'asse ereditaria Arese-Borromeo. È dunque probabile che l'intero ciclo vide la luce tra il 1665 ed il 1674. Una datazione che si pone in continuità al periodo di sviluppo artistico del palazzo, nel quale furono dipinte alcune stanze attigue alla "Sala dei Fasti romani", datate 1659 e 1663. Questa sala, dunque, riflette l'ascesi della famiglia Arese che nella seconda metà del XVII avvertì l'urgenza di possedere un suntuoso palazzo extra-urbano che in qualche modo rivaleggiasse per splendore con i grandi edifici della nobiltà europea. Dopo una storia secolare, in cui la "Sala dei fasti romani" fu utilizzata come luogo prediletto per i grandi ricevimenti sei-settecenteschi, l'intero palazzo conobbe un periodo di parziale decadenza in cui si intrecciano le strategie comunicative della famiglia Borromeo, che ormai concepiva l'Isola Madre come elemento principale d'orgoglio dinastico. Al processo di abbandono e di decadenza che interessò l'intero Palazzo Arese Borromeo nel corso del Novecento pose definitivamente fine l'amministrazione comunale che nel 1989 lo acquistò dagli eredi Borromeo, dando inizio ad una nuova epoca di recupero e di valorizzazione. L'acquisizione dell'intero complesso favorì, infatti, un lento ma costante processo di restauro dei principali ambienti dipinti e della stessa "Sala dei Fasti romani", che venne così recuperata a funzione pubblico-culturale. Dopo alcuni anni in cui la sala era divenuta l'Aula Magna della Facoltà di Filosofia dell'Università San Raffaele, questo ambiente oggi ospita manifestazioni esclusivamente culturali (es. convegni, seminari, ecc.) all'interno di un più vasto sistema di valorizzazione dell'architettura del palazzo e del sistema delle Ville Gentilizie di Delizia.
Storie della fondazione di Roma
Ambiente rettangolare decorato con una pavimentazione in cotto e una copertura a finti cassettoni. L'impianto pittorico delle pareti si basa sulla divisione in due registri, con articolate finte architetture colonnate che sostengono una balconata animata da festanti figure policrome e variopinti musicanti. Nei riquadri che sovrastano porte e finestre sono raffigurate scene allegoriche legate alla storia di Roma dalla sua fondazione all'età dell'imperatore Augusto. Il tema si articola in otto scene, circondate da due finte statue dipinte dei personaggi effigiati, da leggere in senso orario dall'angolo sinistro della parete ovest; esse raffigurano: "Romolo e Remo allattati dalla Lupa alla presenza del Tevere", il "Sacrificio di Numa Pompilio", l'"Attività edilizia di Anco Marzio", la "Riforma di Servo Tullio del Senato romano", l'"Esecuzione dei figli di Bruto", "Scipione contempla la distruzione di Cartagine", il "Naufragio di Cesare", "Augusto che chiude le porte del tempio di Giano instaurando la pace". Al centro delle pareti minori due imponenti affreschi raffigurano "Mercurio appare a Iulio Ascanio per comandargli di abbandonare Lavinia e Silvio nella città di Lavinio e di fondare Alba Longa" e una "Allegoria della Chiesa", vero tripudio di elementi simbolici ed iconografici.
Storie della fondazione di Roma
Cesano Maderno (MB)
dipinto
proprietà Ente pubblico territoriale
intonaco/ pittura a fresco